21 Giu La seta e le altre fibre tessili naturali
I n un periodo in cui assistiamo alla deforestazione e agli incendi che colpiscono la foresta amazzonica, il polmone del pianeta, è ancora più importante sottolineare e promuovere l’utilizzo di fibre naturali che rispettano l’ambiente e contribuiscono a dare un futuro alla nostra esistenza.
Le fibre naturali tradizionali si dividono in fibre di origine vegetale (tra le più conosciute il cotone, il lino, la canapa, la iuta e il ramiè) e fibre di origine animale. Queste ultime comprendono la seta prodotta dai bachi e la lana derivante dal pelo di diverse specie di ovini, conigli e camelidi, che può essere di vari tipi, ovvero cashmere, mohair, angora.
Saper riconoscere queste fibre e apprezzarne le qualità è importante per diventare parti attive di un acquisto consapevole.
La sostenibilità della seta
Tra tutte le fibre naturali la seta è quella riconosciuta per la sua lucentezza che la rende preziosa e molto apprezzata nella moda. Ma la seta è anche una fibra sostenibile: è risaputo che per produrre la seta è necessario far crescere piante di gelso senza pesticidi che nutrono i bachi. Queste coltivazioni producono ossigeno e consumano anidride carbonica rendendo l’ambiente più respirabile. Inoltre, le produzioni agricole hanno anche una funzione di sostenibilità sociale ed economica perché creano un circolo virtuoso che offre lavoro e risorse alle classi meno abbienti del settore primario.
La seta, oltre a essere pregiata, è anche una scelta naturale, ecologica e green.
La freschezza del cotone
“Su le nubi dorate e inargentate che paion di bambagia”, scriveva Carducci nella sua opera poetica Giambi ed Epodi. La bambagia, che evoca sensazioni di morbidezza e delicatezza, è proprio la materia soffice che avvolge i semi del cotone e dalla cui lavorazione si ricava questa fibra molto utilizzata.
Il cotone veniva coltivato nell’antichità nei territori che oggi corrispondono all’India e al Perù e arrivò in Europa verso l’anno Mille, anche se si diffuse molto più tardi. Infatti per molto tempo, come la seta e a differenza della lana, venne considerato un bene di lusso. La sua diffusione aumentò rapidamente dopo la conquista dell’America e tra il XVIII e il XIX secolo quando la Rivoluzione Industriale diede un forte impulso alle tecnologie di coltivazione e di lavorazione: l’attività con i maggiori cambiamenti tecnologici fu proprio quella cotoniera, che divenne una vera e propria industria.
Il cotone Giza egiziano è tra i più apprezzati perché ha le fibre più lunghe e, in generale, tra le fibre naturali il cotone è quella più usata: nell’abbigliamento si sta diffondendo il cotone biologico (o organico), coltivato e lavorato nell’ottica della sostenibilità, senza l’uso di sostanze chimiche. Tuttavia è importante sottolineare che la produzione di cotone assorbe notevoli quantità di acqua, che a sua volta sta diventando una risorsa fondamentale per il nostro avvenire.
La naturalezza del lino
Da almeno 5000 anni, il lino viene coltivato sia per la fibra, sia per i suoi semi e attualmente i maggiori produttori sono i paesi dell’ex Unione Sovietica, la Cina e la Francia. Il lino si ricava dal fusto del Linum Usitatissimum, una pianta dalla cui lavorazione si ottiene il filato, ed è considerato l’unica fibra tessile di origine europea.
A più riprese il lino ha sofferto la concorrenza di altri materiali: fino all’inizio dell’Ottocento era molto più diffuso del cotone, ma l’introduzione di telai che ne facilitarono la lavorazione, aumentò la produzione di cotone a scapito del lino. In periodi più recenti, inoltre, il lino è stato sostituito da prodotti sintetici alternativi, ma come la seta, gode di un’intrinseca lucentezza e morbidezza molto apprezzate dal mondo della moda e dell’arredamento, che continueranno a renderlo una fibra molto pregiata.
Il calore della lana
La lana è una fibra naturale di origine animale, che si ricava dal vello, ovvero dal manto lanoso, di pecore e altri ovini e che dopo la tosa viene lavorata fino a ottenere il filato. Già nel 4000 a.C. i Babilonesi filavano la lana, ma divenne un bene prezioso di scambio e di consumo nel XII secolo. Australia, Nuova Zelanda e Cina sono oggi tra i maggiori produttori.
Nella sua storia, anche l’Italia può vantare un glorioso passato di lavorazione della lana, considerata una vera e propria arte artigianale, almeno fino all’avvento dei telai meccanici durante la Rivoluzione Industriale.
Come le altre fibre naturali, la lana soffre per il diffondersi di altri tessuti, soprattutto sintetici, ma ci sono eccellenze italiane, come Brunello Cucinelli che dall’Umbria diffonde la cultura della lavorazione del cashmere in tutto il mondo. Oppure il consorzio Biella the Wool Company, in Piemonte, che come afferma il fondatore Carmine De Luca, punta sulla valorizzazione delle lane autoctone italiane, offrendo ai piccoli produttori la possibilità di trasformare la lana in filati e tessuti di qualità in un contesto di piena tracciabilità e rispetto per l’ambiente.
Scelte di consumo naturali, consapevoli e sostenibili
Come quando scegliamo un alimento o un ingrediente, è diventato fondamentale conoscere anche la provenienza dei materiali con cui sono fatti i nostri capi d’abbigliamento, la biancheria e, in generale, i tessili. I Millennial sono la generazione che più di tutte sta vivendo questo cambiamento di ottica e prospettiva verso un uso e consumo più consapevole ma, indipendentemente dall’età e dalla generazione a cui apparteniamo, curiosità, conoscenza e informazione sono le basi per costruire un mondo migliore.
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